sabato 29 novembre 2008

Biobottiglia

acquasantanna.gifQuante tonnellate di anidride carbonica vengono immesse nell’atmosfera ogni giorno per produrre qualcosa di totalmente naturale e innocuo, come l’acqua che beviamo? Parecchie, a cominciare dal fatto che la plastica con cui sono fatte le bottiglie di acqua minerale è derivata dalla lavorazione del petrolio. Oggi Fonti di Vinadio, società che produce l’acqua minerale Sant’Anna, commercializza sul mercato italiano la prima bottiglia in materiale plastico di derivazione totalmente naturale, che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri di alcune piante anziché dal petrolio.

“L’impiego di risorse annualmente rinnovabili, anziché del petrolio, per produrre questa plastica naturale – spiega in un comunicato l’imprenditore Alberto Bertone, Ceo di Fonti di Vinadio, il primo a credere fermamente nella sperimentazione del nuovo materiale prodotto da Ingeo - riduce la dipendenza dai combustibili fossili. E grazie a processi manifatturieri più sostenibili contribuisce all’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, la causa principale dell’effetto serra. Sostituendo il petrolio con una risorsa rinnovabile di origine vegetale, si impiega il 67 per cento di combustibili fossili in meno rispetto alle plastiche tradizionali”.

Bertone ci aiuta a farci un’idea più chiara con un esempio illuminante. “Se consideriamo 50 milioni di biobottiglie del peso di 27 grammi ciascuna, rispetto alla stessa quantità di bottiglie prodotte in comune PET, risparmiamo 13.600 barili di petrolio, ovvero la stessa quantità di energia che serve a fornire elettricità a 40.000 persone per un intero mese! Inoltre, riduciamo le emissioni di anidride carbonica pari a quelle emesse da 3.000 auto che percorrono in un anno circa 10.000 chilometri ciascuna!”. E il Ceo avverte: “A Vinadio siamo in grado di produrre 50 milioni di bottiglie in una settimana di lavoro. E oggi in Italia si devono smaltire ogni anno oltre 5 miliardi di bottiglie”.

Un bel risparmio per l’ambiente. Che però ci dà anche un’idea a dir poco raccapricciante dell’impatto che l’acqua minerale ha avuto finora sull’ambiente. Alleggerito il peso ambientale degli involucri, rimane il fatto che l’acqua in bottiglia viaggia, in massima parte su gomma, in lungo e in largo per l’Italia e per il mondo, (qui il file pdf di una tabella con qualche calcolo chilometrico fatto da Altraeconomia) creando nel suo percorso emissioni nocive tanto quanto quelle causate dalla produzione di bottiglie in PET. L’acqua del rubinetto, al contrario, arriva a casa nostra a zero impatto e la sua qualità non ha niente da invidiare a quella delle minerali.

martedì 18 novembre 2008

Auto elettrica

pininfarina-b0.jpgL’auto elettrica può essere la svolta del futuro. L’assenza di emissioni di Co2 la renderebbe perfetta per le esigenze ambientali. L’anidride carbonica è infatti la principale causa dell’effetto serra e del riscaldamento globale del pianeta. Su questa situazione le emissioni delle autovetture hanno una certa responsabilità. Il mercato dell’auto si sta orientando sempre più verso veicoli con alimentazione ibrida, propulsori alimentati sia con carburante che elettricamente. Le industrie automobilistiche stanno spingendo verso propulsori elettrici alimentati con batterie al litio. Sì il litio, quello utilizzato per le batterie dei telefonini cellulari che non provoca il così detto effetto memoria. Si tratta di un metallo alcalino presente in alcune rocce che per essere estratto presenta non poche difficoltà. La maggiore concentrazione di litio è presente in Bolivia, dove è stato varato un progetto pilota che prevede la realizzazione di un impianto industriale per l’estrazione. Ma già si stima che il prezzo del prodotto è destinato a salire e che le riserve non saranno sufficienti per la richiesta del mercato automobilistico e che si esauriranno in breve tempo. Per di più gli impianti per la lavorazione del litio producono biossido di zolfo, un gas altamente cancerogeno. La situazione non si presenta rosea; la presenza dell’uomo sulla terra, negli ultimi cento anni, ha favorito gli attuali livelli di concentrazione di gas serra che senza l’intervento antropico sarebbero stati prodotti naturalmente in settemila anni, questo il dato emerso dal Congresso sul Clima, organizzato dall’Universita’ Ca’ Foscari di Venezia. Secondo Vincenzo Pepe di FareAmbiente “bisogna ridurre i consumi per scongiurare una vera e propria recessione ambientale. In Giappone, paese attento alle problematiche ambientali, alla ricerca di nuove fonti energetiche alternative - prosegue Pepe - il livello di attenzione è alto per la crescita di emissioni di Co2. Occorre uno sforzo per salvare il pianeta”. Solo una politica ambientale mirata al risparmio energetico e all’impiego di risorse energetiche rinnovabili può venire incontro alle esigenze dell’umanità.

(fonte l'opinione.it)

giovedì 13 novembre 2008

Chi ha scaldato il pianeta?

Tuttoscienze del 12 nov 2008

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tuttoscienze_antartide_la_terra_e_calda_da_sempre.pdf

La Terra è irrequieta da sempre

In una carota di ghiaccio estratta al Polo Sud, 800mila anni di glaciazioni e “lunghe estati”. Le brusche variazioni di temperatura sono un fenomeno naturale: in passato l’umanità non ha avuto alcun ruolo.

 

carote.jpg

 


mercoledì 5 novembre 2008

Alla conquista del Polo Nord

img218.jpgQuest'estate, per la prima volta, l'Artico è diventato circumnavigatale. Il rapido scioglimento dei ghiacciai ha apertoci mitico "passaggio a Nordovest" e noi ci siamo commossi per gli orsi che annaspavano nelle acque gelide. Ma nel silenzio del Grande Bianco si agitavano avvenimenti più rilevanti. Anche perché il Servizio geologico degli Stati Uniti aveva appena reso noto le conclusioni di una sua dettagliata ricerca: perforando i fondali artici si potrebbero portare alla luce 90 miliardi di barili di olio greggio (oggi nel mondo sono 1.200 miliardi i barili che attendono di essere estratti) e oltre mille miliardi di metri cubi di gas, in 25 aree ben definite. Un immenso tesoro che - facevano osservare i tecnici americani - può diventare facilmente accessibile se è esatta la previsione sui ghiacci artici, destinati a scomparire.

Ancora il petrolio, dunque, pane e veleno dei giorni nostri, che fa girare la ruota e scatena le guerre. Con le risorse energetiche sempre più preziose, è scattata la grande corsa all'oro nero e blu del Polo Nord. Si calcola che un quarto delle riserve mondiali siano ancora intatte sotto quei fondali marini (1,2 milioni di chilometri quadrati). Uno scrigno che racchiude anche diamanti, oro, argento, rame, ferro, platino, carbone e, non ultimo, uranio. Insomma, la nuova frontiera del Ventunesimo Secolo. Sin troppo facile prevedere l'accendersi di una grintosa competizione geopolitica.

A contendersi il tesoro sono i cinque Paesi rivieraschi: Stati Uniti (Alaska) e Russia (Siberia), ovviamente in primo piano, e altre tre nazioni che per ragioni geografiche vantano pari diritto a partecipare alla conquista: Danimarca (per via della Groenlandia), Norvegia e Canada. Una convenzione delle Nazioni Uniti (1982) consente ai Paesi con uno sbocco sul mare di estendere i loro diritti per lo sfruttamento delle risorse naturali, minerarie, energetiche e biologiche, dalle attuali 200 a 350 miglia (un miglio nautico corrisponde a 1,8 chilometri). A una condizione: devono essere presentate le prove scientifiche che le 150 miglia aggiuntive rappresentano effettivamente "il prolungamento naturale della piattaforma continentale".

Da tempo i cinque contendenti hanno rivendicato i confini politici che si affacciano su quel mare. Il nuovo limite è stato posto dove terminano le rocce con le medesime caratteristiche geologiche che affiorano sul continente. Secondo questi Paesi, infatti, le coste attuali non possono essere prese come linea di confine assoluto con il mare, in quanto le acque possono avanzare e retrocedere. Così, per esempio, se tra un secolo si avverassero le previsioni climatiche che vogliono un innalzamento marino di diversi decimetri, alcune nazioni perderebbero una grande quantità di territori.

La Norvegia è stata la prima a presentare la domanda per l'estensione. La Russia ha fatto di più: per annunciare al mondo che il Polo Nord geografico gli appartiene, nel luglio dell'anno scorso ha mandato due batiscafi Mir e un gruppo di scienziati a mappare i fondali e a piantare la bandiera russa metallica a 4 mila metri di profondità, in corrispondenza del polo. È stato anche lasciato un messaggio (con l'orso polare come lago) per le future generazioni. Gesto simbolico? Non soltanto: era anche una ricerca di prove scientifiche per favorire le rivendicazioni di Mosca sull'Artico dinanzi alla commissione Onu. Il Canada si è autoproclamato proprietario dell'Artico sin dagli anni Settanta, la Danimarca considera già Artico la sua Groenlandia e lo stesso fanno gli americani con l'Alaska.

L'Artico ho un'estensione di 14 milioni di Km quadrati, sette volte il Mar Mediterraneo, e raggiunge i 4 mila metri di profondità. Non è mai stato sotto il dominio politico di nessuna nazione, ma ora la contesa si fa aspra. Si moltiplicano le basi militari, le bandiere al vento, in allerta per una "guerra fredda" che può ricominciare.

C'è anche un interesse italiano nell'Artico energetico: l'Eni ha acquisito alcuni giacimenti nel territorio di Jamalo-Nenec (Ynao), la regione che produce le maggiori quantità dì gas del mondo. Ma la caccia al tesoro è riservata ai cinque Paesi che cingono in cerchio il Mar Glaciale Artico. I mutamenti climatici hanno accelerato la loro corsa. Ha detto il ministro degli Esteri danese, Stig Moller: «II ghiaccio si sta sciogliendo e si aprono vie di trasporto e risorse naturali finora inaccessibili».

La sfida non riguarda solo gas e petrolio. II Passaggio a Nord Ovest significa ridurre i giorni di navigazione, collegamenti più veloci tra Atlantico e Pacifico: un viaggio tra due grandi porti come Tokyo e Amburgo sarebbe più corto di 8.600 chilometri.

Nell'Artico la temperatura aumenta a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta: vaste aree di permafrost (quelle perennemente coperte dal gelo) si stanno sciogliendo e sia il ghiaccio marino sia quello terrestre sono in rapida riduzione. Fino a pochi anni fa si calcolava che il mare polare sarebbe rimasto privo di ghiaccio nel periodo estivo non prima del 2050, ma le ultime stime indicano l'anno 2013.

(fonte: MondoErre)