mercoledì 30 gennaio 2013

Serra fotovoltaica

serra-agricola.jpgLa più grande serra fotovoltaica del mondo è in Sardegna. Si chiama Su Scioffu, dal nome della località in cui si trova, ed è appena stata inaugurata nel comune di Villasor, vicino a Cagliari. Ottantamila pannelli di silicio (una volta dismessi, torneranno sabbia come quella del mare) che coprono 35 ettari di serre e producono 20 megawatt di energia elettrica, equivalente ai consumi annuali di circa 10 mila abitazioni. Si evitano così 25 mila tonnellate di emissioni di C02.


Realizzata con i soldi della regione sarda e di due multinazionali, Su Scioffu ha coinvolto quattro cooperative locali nella gestione e offre lavoro a 90 persone. Ma è già in programma il raddoppio del progetto. Spiega Marcelio Spano, l'ingegnere che ha pilotato questa realizzazione: «Installando pannelli solari sulle serre si genera un circolo virtuoso: oltre all'energia pulita, si assume personale e si coltivano frutta e verdura a


chilometro zero». Era una delle tante zone depresse del Campidano, soprattutto dopo che era stato chiuso lo zuccherificio Eridania. Inoltre, la Sardegna importa circa l'80% dell'ortofrutta che consuma. Ora si potrà contare su prodotti locali a prezzi competitivi.


La Twelve Energy, società agricola proprietaria del parco, ha già predisposto le coltivazioni di fragole, angurie, meloni, zucchine, pomodori, peperoni, carciofi e una vasta gamma di specie floreali. È soltanto l'inizio. Conclude Spano: «Vorremmo evitare gli errori che si sono compiuti per l'eolico. Per questo coinvolgiamo costantemente i comuni, chiedendo loro di proporre dei piani d'azione nell'ambito delle rinnovabili. Prima si scelgono le aree produttive, poi si costruiscono gli impianti. Così si evitano gli sprechi e i costi per trasferire l'energia».

lunedì 28 gennaio 2013

Nanotecnologie

fonte genitronsviluppo_com.jpgII mercato mondiale delle nanotecnologie sfiora i mille miliardi di dollari. Un risultato che pareva incredibile nel 1974, quando Norio Taniguchi, dell'università di Tokyo, coniò il termine "nanotech". Sono ormai 170 le società, piccole e grandi, che anche nel nostro Paese si sono lanciate in un comparto del tutto nuovo che crea materiali più leggeri, resistenti ed economici di quelli tradizionali polimerici. Le applicazioni sono infinite: dalle vernici isolanti ai tessuti che non si strappano e non si sporcano, dai nano tubi al carbonio a uno spray che una volta steso su una superficie, la trasforma in pannello fotovoltaico.


Nanoparticelle sono utilizzate nella produzione di cosmetici, nei sistemi di diagnostica medica e nell'elettronica per creare batterie di maggior durata, hard disk di elevatissima capacità e chip microscopici. Per esempio, transistor grandi circa 18 nanometri: una moneta da 1 euro potrebbe contenerne alcuni miliardi. Si stanno inoltre evolvendo metodi avanzati per la somministrazione di farmaci, protesi mediche più resistenti, memorie ram più dense, sistemi di produzione e stoccaggio dell'energia più efficienti. 


L'ultima novità sembra una semplice salvietta umidificata per lavarsi le mani. Ma passata su un vetro, lo rende compatto, idrorepellente e resistente a urti e graffi. Tanto da far diventare superfluo per anni l'uso dei detersivi per pulirlo: basterà sfiorarlo con un panno umido. La salvietta, importata in Italia da un'azienda bergamasca, è imbevuta di una soluzione che reagisce con la catena molecolare della silice contenuta nel vetro. L'applicazione può essere eseguita da chiunque sia interessato a modificare molecolarmente le finestre di casa, il box della doccia o il tergicristallo dell'auto.

giovedì 17 gennaio 2013

Lavavetri

bur.JPGCome si puliscono le finestre del grattacielo più alto del mondo? Beh, con olio di gomito e tanto coraggio. In questo video della BBC un giornalista britannico si unisce alla squadra di pulitori di vetri del Burj Khalifa di Dubai: 828 metri di altezza per 160 piani di vetro e acciaio.


«Abbiamo sempre paura» dice uno degli operai: la torre incute rispetto. Il timore è anche quello di lasciarsi sfuggire di mano uno degli attrezzi di lavoro, che cadendo da quell'altezza potrebbe causare danni ingenti. 


E poi c'è il vento, che a quelle quote può generare vortici così forti da scuotere pericolosamente non solo i pulitori, ma l'intero edificio, come viene spiegato nel video. La forma aerodinamica del Burj Khalifa, tutta curve e spigoli, è stata studiata proprio per ridurre al minimo l'impatto dell'aria sulla struttura. 


«Sembra incredibile che in un edificio così evoluto la pulizia delle finestre sia effettuata ancora a mano» commenta, un po' in affanno ma per nulla spaventato, il giornalista. 


Ma quanto tempo impiega il team a pulire tutte le 24.000 finestre dell'edificio? Circa 3 mesi: quando si è finito è ora di ricominciare da capo.