A suo tempo la cosa apparve straordinaria, quasi sovrumana. Per la prima volta un uomo, a bordo di un mezzo meccanico, aveva superato la velocità dei 100 chilometri orari. Eravamo nell’ultimo anno dell’Ottocento (1899), il secolo della Bella Epoque, e l’automobile stava ancora compiendo praticamente i suoi primi passi. Ma ci fu chi volle subito trasformare quei passi in una corsa, e l’auto fin dall’inizio della sua storia divenne così anche un mezzo per nuove sfide tecnologiche e sportive.
Il primo pilota ad abbattere il “muro dei 100 km orari” fu il belga Camille Jenatzy (1868-1913) durante una gara serrata di velocità con il francese De Chasseloup-Labat. La storica sfida si svolse ad Achers in Francia. La vettura di Jenatzy, che aveva una singolare forma di proiettile ed era stata battezzata “Jamai Contente”, “Mai contenta”, vince percorrendo il chilometro lanciato in 34 secondi, che equivalgono ad una velocità di 105,882 chilometri orari.
A rendere ancor più eccezionale questo storico record (e la cosa desta sorpresa e stupore anche ai giorni nostri) vi fu il fatto che a spingere l’auto del pilota belga c’era un motore elettrico e non un motore a scoppio. Spetta quindi all’auto elettrica, che solo in questi ultimi anni la grande industria moderna sta seriamente tentando di lanciare sul mercato, il primo record di velocità oltre il limite-simbolico dei 100 km orari. In effetti, allora, il motore elettrico si rivelava spesso più prestante rispetto al più giovane, ma ancora meno potente motore scoppio. Quest’ultimo aveva però a suo vantaggio un fattore decisivo nel favorirne lo sviluppo ed il predominio: l’autonomia sempre e comunque superiore a qualsiasi propulsore elettrico. E così è in parte ancora oggi. Tant’è che la chiave dell’effettivo sviluppo dell’auto elettrica sembra essere stata trovata in soluzioni ibride: un motore elettrico, abbinato ad un motore a scoppio, per le diverse esigenze di percorrenza (percorsi urbani ed extraurbani, autostrada, ecc.) e di performance velocistica.
Al di là delle questioni tecniche, tornando ai tempi delle prime sfide automobilistiche e del record della “Jamais Contente”, non si può non celebrare il coraggio di quei primi piloti che affrontavano realmente insidie ed incognite d’ogni tipo, non solo per la tecnologia delle loro auto, ma anche per le strade ed i circuiti (spesso sterrati) su cui correvano allora.
Il principale problema di allora, contrariamente a quanto si crede, non era “spingere l’acceleratore” (già nei primi anni del Novecento c’erano auto in grado di superare abbondantemente i 200 chilometri all’ora), semmai spingere piuttosto quello del freno… eh sì, perché andare a 100-200 all’ora con i freni di quei tempi, per questo sì ci voleva coraggio! Una dose di temerarietà in gran parte sconosciuta anche a molti piloti moderni che ormai dispongono di impianti frenanti in grado di arrestare in poche decine di metri una vettura lanciata ad oltre 300 km orari. E grazie al cielo, oggi lungo le piste ci sono anche molte meno croci di un tempo.