domenica 18 ottobre 2009

Podcast e Scuola

podcast.jpgVenerdì 16 ho partecipato all’Istituto Vallauri di Fossano al Convegno NOVAMENTE: reinventare la scuola per nativi digitali. I nativi digitali naturalmente siete voi, i nostri allievi.

Il convegno si proponeva, tra l’altro di rendere pubblico il nuovo servizio di podcast messo su al Vallauri. Tra i relatori il prof. Alberto Pian una delle punte più avanzate in Italia su questo terreno.

Da trent’anni insegna letteratura e storia al Bodoni-Paravia, un istituto tecnico della periferia di Torino. Durante le ore di Pian capita spesso che i ragazzi espongano di fronte a una webcam una relazione - che viene registrata - preparata sulla base di appunti, schede, informazioni attinte da libri di testo, da internet o in biblioteca. Può succedere che i ragazzi si impappinino, perché non sono sufficientemente preparati, o più spesso per l’emozione: in questi casi gli errori vengono corretti, ma solo di rado la registrazione viene interrotta.

Ogni relazione si conclude con “Ciao Tony, ciao a tutti“. Tony era un allievo di alcuni anni fa che è rimasto paralizzato, e così il professor Pian ha iniziato a registrare per lui le lezioni su nastro, concludendole con il saluto di tutta la classe.

Alla fine di ogni relazione si applaude, e il professor Pian mette ai voti la valutazione che propone per ciascun ragazzo, prima di trascriverla sul registro. Dopodiché si inseriscono titolo e tag per il podcast, che viene inviato con il wi-fi al server della scuola. E’ il programma Podcast Producer che la scuola ha acquistato con l’aiuto della regione Piemonte e della Apple ed elabora il podcast, montandolo e riversandolo. Così, in pochi minuti, il podcast entra a far parte di una grande enciclopedia a disposizione di tutti, in una sezione dedicata del sito della scuola.

L’alternativa al podcast è il trailer, un breve video di due o tre minuti, come quelli di You Tube. Anche in questo caso viene data la parola ai ragazzi, sollecitando un dibattito.

Il professor Pian non utilizza mai le classi, bensì la biblioteca - dove tutti siedono intorno a un tavolo - per il podcast, e un auditorium per i trailer. I ragazzi grazie alla tecnologia e all’abilità di Pian sono coinvolti, motivati, stimolati, addirittura appassionati. Pian afferma che “si riducono le assenze e si moltiplicano gli interessi.”  La scuola diventa un piacere, per insegnanti e allievi, che amano in questo modo la letteratura, sono attivi e partecipi durante le lezioni, e imparano inoltre ad esprimersi con disinvoltura davanti a una webcam. Come dice Simona, un’ex alunna di Pian ora iscritta a lettere, “se te la cavi davanti a una webcam, non vai nel panico il giorno dell’esame”. La lezione non è di tipo frontale, ma corale.

Potete ascoltare a questo link un’intervista nella quale Alberto Pian spiega in che maniera utilizza il podcasting con i suoi allievi.

mercoledì 7 ottobre 2009

Codice a barre

codice a barre1.jpgE’ un compleanno insolito quello festeggiato oggi da Google, che come sempre in questi casi modifica il logo originale che tutti conosciamo, inserendo un doodle che ricorda la persona o l’invenzione commemorata.

Questa volta non si tratta di Gandhi, Michael Jackson o il telescopio, ma di un invenzione che noi tutti conosciamo, anche se la ignoriamo completamente.

Sto parlando del Codice a barre, quel codice composto da numeri e linee apparentemente incomprensibili, che viene usato per classificare qualsiasi tipo di prodotto commerciale.

Stando a quanto riportato da Wikipedia, il codice a barre fu inventato da due studenti universitari, Norman Joseph Woodland e Bernard Silver, il 7 ottobre 1948 per una industria  alimentare che aveva l'esigenza di automatizzare  le operazioni di cassa.

codice a barre 2.pngSolo negli anni Settanta tuttavia, con i passi avanti dell'elettronica, il perfezionamento del laser (la luce rossa del lettore che vedete al supermercato) il codice a barre si è diffuso.

Wikipedia riporta la data del 26 giugno 1974 come prima vendita di un prodotto con il codice a barre in un supermercato dell'America: era un pacchetto di chewing gum.

Per tanto tempo è rimasto sempre lo stesso, e solo negli ultimi anni è stato ulteriormente evoluto passando da un semplice carattere ottico ad una più complessa immagine in 2 dimensioni (immagine sotto) adottato per esempio in ambito bancario.

domenica 4 ottobre 2009

Il primo sms della storia, 15 anni fa a Natale

 

 

sms-anni-dicembre-short-message-service-15-neil-papworth.jpgSi dice che le prime parole trasmesse per telefono siano state “Mr. Watson, come here”, ma quel è stato il testo del primo SMS spedito 15 anni fa? Molto semplice, “Merry Christmas“, cioè buon Natale. E a spedirlo è stato il signore che vedete sopra, all’epoca un giovane ingegnere 22enne: Neil Papworth.

A ricevere il messaggio è invece stato Richard Jarvis, che in quel momento si trovava a un party natalizio vicino agli stabilimenti Vodafone a Newbury (UK); magari avrà pensato “Che cosa stupida mandare un testo scritto per telefono, un apparecchio nato per trasmettere voce!” o forse no, visto che anche lui era direttamente coinvolto nel progetto che ha portato alla nascita di uno dei fenomeni di maggior successo degli ultimi 10 anni, con milioni di sms spediti ogni giorno in tutte le parti del mondo.
Per spedire il messaggio si è avvalso di una tastiera di computer e il buon Papworth forse non avrebbe mai pensato di dare il via a un fenomeno che avrebbe creato anche un nuovo alfabeto: grz Neil, qnt regali ke t s dovrebbero fare!
Papworth racconta spesso un aneddoto: quando è nata la figlia, ha spedito un sms a un gruppo di 12 amici in giro per il mondo. La figlia di uno di questi ha esclamato “Conosci l’uomo che ha inventato l’ sms ? Ma è ancora vivo?!”
Eh si, 15 anni volati in un soffio